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Trauma cranico

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Trauma cranico

Il trauma cranico è un grave colpo diretto al cranio e può essere: aperto se determina fratture del cranio o chiuso se determina soltanto lesioni all'interno del cranio e quindi al cervello. Sia un trauma cranico aperto che chiuso possono portare al coma, perché in entrambi i casi ci può essere un danno al cervello, che può manifestarsi sia con una lesione locale (focale o focolaio lacero-contuso), sia con una vera e propria emorragia o ematoma, sia infine con una lesione diffusa del cervello. Una lesione diffusa può derivare da una reazione infiammatoria delle cellule cerebrali e dei vasi sanguigni, che liberano più acqua (edema cerebrale) o consistere in tante piccole emorragie diffuse (danno assonale diffuso). Sia che si tratti di una lesione locale o diffusa del cervello, lo sviluppo dell'edema e/o la presenza delle lesioni che occupano spazio all'interno del cranio, come nel caso degli ematomi, provocano una pressione sulla parte più inferiore del cervello, che si chiama tronco encefalico, dove hanno sede le funzioni vitali più importanti, come la vigilanza e la coscienza, la respirazione, la funzione cardiaca e circolatoria, il controllo dei bisogni fisiologici.  Quando c'è danno o interessamento del tronco-encefalico, che può essere anche solo transitorio o da shock  per il grave colpo al cervello, si può avere il coma.  Il trauma cranico presenta la più elevata morbilità e mortalità tra tutti i tipi di trauma. Per poter identificare la gravità del paziente e poterne formulare la prognosi viene utilizzata la Glasgow Coma Scale;  pazienti con GLC inferiore o uguale a 8 hanno una mortalità pari al 30,8%, mentre quelli con score superiore a 8 presentano una mortalità pari allo 0,9% .  Dopo una lesione cranica, oltre ai danni cerebrali conseguenti direttamente al trauma, si verificano alterazioni della circolazione cerebrale con zone di ridotto flusso, fenomeni di vasospasmo reattivo, perdita dell’autoregolazione cerebrale, paralisi vasomotoria, tutti eventi che possono portare ad edema cerebrale e aumento drammatico della PIC.


"Deficit di volume di liquidi correlato al trauma"
"Nutrizione alterata inferiore alle richieste corporee, per le alterazioni metaboliche e la ritenzione idrica"
"Rischio di alterazione della temperatura corporea a causa del danno al sistema termoregolatorio"
"Alterazione dei processi mentali risultanti dalla lesione cerebrale"
"Rischio di alterazione del modello sonno-veglia a causa del trauma e dell’ambiente ospedaliero"
"Rischio di grave compromissione della funzione neurologica"

"Complicanza potenziale di edema cerebrale"
"Complicanza potenziale di ridotta ossigenazione e ventilazione"
"Complicanza potenziale di alterato bilancio idroelettrolitico e nutrizionale"


"Deficit di volume di liquidi correlato al trauma"
Obbiettivo: raggiungimento e mantenimento di un equilibrio idroelettrolico
Interventi assistenziali:
Incanalare una vena periferica con un ago cannula di grosso calibro, per avere a disposizione un accesso venoso per somministrare terapia in emergenza e per la somministrazione di liquidi;
Prelevare per emocromo e chimica, per valutare eventuali alterazioni dei parametrici ematici e degli elettroliti plasmatici;
Rilevare parametri vitali, per rilevare eventuali segni di ipovolemia;
 Monitorare i valori degli elettroliti plasmatici e urinari, del glucosio plasmatico e l’osmolarità per rilevare precocemente un alterazione degli stessi, segno di uno squilibrio elettrolitico;
Effettuare il bilancio delle entrate e delle uscite  per intervenire precocemente in caso il bilancio idrico non  sia in pareggio;
Controllare quantità e qualità di urina eliminata per rilevare precocemente una eventuale contrattura della diuresi e un’alterazione delle caratteristiche delle urine;
Eseguire un elettrocardiogramma per rilevare eventuali aritmie cradiache, e trattarle precocemente.

Indicatori  di Risultato:
Il pz. Presenta parametri vitali nella norma
Il pz. Presenta valori plasmatici, urinari, osmolarità e glucosio plasmatico nel limite della norma
Il pz. Ha un tracciato ECG  nella norma
Il pz. Ha un bilancio idrico in pareggio
Il pz. Ha un peso corporeo stabile

"Complicanza potenziale di  un peggioramento dell’edema cerebrale"
Obbiettivo: il pz. Non presenta complicanze
Interventi assistenziali:
Monitorare i valori della PIC per intervenire precocemente in caso di aumento della stessa;
Mantenere un’adeguata pressione di perfusione cerebrale ( superiore a 70 mmHg ) perché un’ipoperfusione cerebrale può determinare un danno cerebrale irreversibile;
Somministrare la terapia per ridurre la PIC, perché un aumento della stessa determina un peggioramento dell’edema;
elevare la testiera del letto e iperventilare per diminuire l’edema cerebrale;
Somministrare sedativi per via e.v.
Indicatori di risultato:
Il pz. Presenta una Pressione Intra Cranica con valori nella norma
Il pz. Ha una pressione di perfusione cerebrale superiore ai 70 mmHg
Il pz. Ha una ventilazione e perfusione adeguate

Piano di dimissione:

Al momento della dimissione il paziente e i familiari dimostrano di aver compreso le cause del problema e dimostrano di aver acquisito le competenze necessarie per l’assistenza del paziente a casa, in attesa che venga trasferito in un centro di riabilitazione.
Si ricorda ai familiari di riferire al personale sanitario qualsiasi alterazione psico-fisica come:
Segni e sintomi di alterazioni dello stato di coscienza
Segni e sintomi di alterazione della memoria
Segni e sintomi di emorragia cerebrale, quali cefalea e vomito
Si consiglia ai familiari di rivolgersi al proprio medico di famiglia per presentare alla ASL di appartenenza richiesta per l’assistenza domiciliare integrata e per la fisioterapia da eseguire a domicilio.
Anche durante la permanenza del paziente nel centro di riabilitazione i familiari possono svolgere un ruolo fondamentale; Quando sta recuperando il rapporto con l'ambiente esterno, ad esempio, il paziente presenta quasi costantemente un grave disorientamento spazio-temporale (non sa dove si trova, che anno é, in che stagione é) e a volte non é in grado neanche di riconoscere i familiari che gli sono vicini.  Già in questa fase i familiari possono essere di estremo aiuto per la riabilitazione di tale disturbo, stimolando quotidianamente il paziente, con l'uso di un calendario, di un orologio, di un'agenda, a ritrovare progressivamente il senso del tempo.  E' utile che sul calendario venga magari scritta la città e il nome del Centro di riabilitazione in cui si trova il paziente e che sull'agenda si appuntino tutti gli impegni della giornata legati alla riabilitazione, ai pasti, agli orari delle visite. Tutti i parenti e amici vorrebbero venire a far visita al paziente.  Bisogna ricordare invece che la presenza di molte persone nella stanza contemporaneamente può non essere affatto uno stimolo positivo, ma al contrario può contribuire a far estraniare il paziente o ad aumentare la sua confusione e il suo disorientamento spaziale e temporale.  Quando é possibile, é importante chiedere al paziente stesso se e chi desidera vedere, invece di lasciarlo "violentare" da visite continue, magari a volte di persone poco gradite o da cui non vorrebbe essere visto in certe condizioni.
Per il disorientamento e i disturbi della memoria spaziale, é bene richiedere al paziente di porre attenzione e di cercare di ricordare i percorsi abituali in Ospedale, chiedendogli di ritrovare da solo la sua stanza o la palestra o altri luoghi di terapia e di ritrovo.
Associati a disturbi dell'orientamento, saranno spesso presenti disturbi della memoria, per cui il paziente tenderà a dimenticare quello che é successo qualche ora prima o qualche giorno prima, o meglio tenderà a non memorizzare quanto gli succede giorno per giorno (disturbi della memoria recente).
Si può facilmente aiutarlo in questo, ricordandogli, ad esempio a proposito delle visite ricevute, un brano della conversazione avuta con il visitatore che il paziente non ricorda, o suggerendogli alcuni particolari o caratteristiche della persona.  Può succedere che a questi disturbi il paziente reagisca, inventando alcune cose mai successe (confabulazioni).  Smentitele serenamente, senza arrabbiarvi né preoccuparvi, perché questo é un atteggiamento di compenso molto frequente, ma non assecondate queste bugie involontarie, perché potreste favorire e involontariamente mantenere le confabulazioni stesse.
Se il paziente invece tende a comunicare a gesti, senza parlare, pur mostrando di capire quanto dite (mutismo), cercate di trovare un canale di comunicazione con il paziente, precisandogli comunque che può parlare e che se vuole chiedervi qualcosa, può muovere le labbra, tirare fuori la voce o tentare di scrivere.  Non temete di essere troppo duri nelle vostre sollecitazioni, perché state solo cercando di aiutare il paziente, semmai lo danneggereste, se assecondaste la sua tendenza ad esprimersi solo a gesti.
Allo stesso modo, se il paziente avesse assenza di iniziativa motoria spontanea, e muovesse le braccia e le gambe soltanto su richiesta (inerzia), stimolate le sue possibilità motorie, non dicendogli di muoverle, ma semplicemente avvicinando alla sua portata cose che possano interessarlo e che sia in grado di prendere ed usare da solo (ad esempio il pettine per pettinarsi, un gelato da leccare con il vostro aiuto, un po' di crema da spargere sul viso o sull'altra mano, ecc.). Più avanti nella riabilitazione, il paziente dovrà essere stimolato alla maggiore autonomia possibile, nel lavarsi (uso quotidiano dello spazzolino da denti), nel radersi (magari inizialmente con un rasoio elettrico), nel vestirsi (scegliendo abiti facilmente indossabili, scarpe con chiusura a velcro o senza lacci), nello spostarsi (inizialmente anche nel muoversi con la carrozzina, fino a quando ne avrà bisogno, sarà un esercizio utile per le sue braccia e per la sua autonomia).
Non rischiate però, allo stesso tempo, di assillare il paziente, trasformando la sua giornata in una lunga seduta di terapia, non dandogli mai tregua.  Stabilite infatti insieme alcune ore di riposo, in cui il paziente sia veramente libero di fare quello che desidera, anche se si tratta di stare sdraiato a letto senza fare nulla.  Semmai usate queste pause come preludio ad una valida collaborazione del paziente nel corso del programma riabilitativo (rinforzo positivo o premio).

 
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